Morte a 14 anni per Cristo Re, José Luis Sanchez del Rio
Nel 1925, Papa Pio XI istituì la festa di Cristo Re, per ricordare la regalità di Gesù su tutte le Nazioni e l'umanità. Nel 1926, i cattolici messicani, spinti al limite dalla persecuzione religiosa del Presidente Calles, si sollevarono in nome di Cristo Re contro il governo ateo. Nacque così la Cristiada che, priva di sostegno internazionale e di aiuti militari, non poté che uscire sconfitta. Tra le sue fila c'era un adolescente di tredici anni, José Luis Sanchez del Rio, che non voleva essere lasciato indietro. Giustiziato dopo un terribile calvario, José Luis morì il 10 febbraio 1928.
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Motivi per credere :
- Anche se, razionalmente parlando, non c'era alcuna possibilità di vincere quella guerra, ci vollero un coraggio immenso, un attaccamento incrollabile al cattolicesimo e una fede fuori dal comune per intraprendere quella battaglia senza speranza e affrontare una morte inevitabile e orribile, perché il sadismo delle truppe di Calles era ben noto.
Se ci vuole eroismo per gli adulti per impegnarsi, cosa si può dire di un bambino? Soprattutto quando nessuno li prende sul serio. Quando José Luis Sanchez del Rio volle unirsi agli insorti, i capi lo rimandarono gentilmente a casa dai suoi genitori e gli dissero di tornare "al suo diciottesimo compleanno", una data lontana, al che il ragazzo rifiutò. Insistette, ancora e ancora: alla fine, il generale Gorostiche accettò di arruolarlo, se la madre glielo avesse permesso.
Di fronte alla madre in lacrime, l'adolescente esclamò: "Mamma, non è mai stato così facile e veloce conquistare il tuo Paradiso! Ti prego, non fermarmi!" La fiducia nelle promesse di vita e di beatitudine eterna - che avrebbero dovuto essere comprate al prezzo del martirio - superava ogni considerazione umana, persino l'amore materno: lei acconsentì.
- Fatto prigioniero dopo un'accanita resistenza, José Luis venne riportato nella sua città natale dove, per quindici giorni, si fece di tutto per fargli abiurare la sua fede. Né il ricatto, né le minacce, né le false promesse di misericordia, né la tortura riuscirono a vincere il coraggio e la determinazione del giovane martire, sostenuto dalla sua fede, dal suo amore per Cristo Re e per Nostra Signora di Guadalupe.
Nella speranza di farlo indebolire, venne costretto ad assistere alla tortura di un altro cristero, catturato insieme a lui, ma fu il bambino a sostenere il coraggio dell'altro uomo, assicurandogli con incrollabile fiducia: "Dì a Cristo Re, vicino al quale sarai tra poco, di riservarmi un posto al suo fianco, perché presto ti raggiungerò vicino a lui".
La madre di José Luis fu costretta ad assistere alle torture del figlio: venne costretto a camminare fino al cimitero e a scavarsi la fossa da solo, con i piedi tagliati per aumentare le sue sofferenze, mentre i soldati lo frustavano. Alla madre venne detto di chiedere al figlio di apostatare; lei si rifiutò stoicamente e guardò i carnefici che colpivano José Luis. Ad ogni colpo, il ragazzo gridava: "Viva Cristo Re!" Alla fine, un ufficiale esasperato lo finì svuotandogli in testa l'intero caricatore del suo revolver e lo gettò nella fossa.
- Nel giro di poche ore, nonostante la repressione, la tomba di Joselito divenne un luogo di pellegrinaggio. Quando tornò la pace e il suo corpo venne riesumato, fu trovato intatto, cosa che le circostanze della sua morte e della sua sepoltura rendevano teoricamente impossibile.
Sintesi :
Nel 1925, Papa Pio XI istituì la festa di Cristo Re per ricordare la regalità di Gesù su tutte le Nazioni e su tutta l'umanità. Nel mondo moderno, la scelta del Papa fu una provocazione scandalosa; l'uomo del XX secolo non poteva tollerare che Cristo regnasse su di lui, anche se la sua legge d'amore e il suo giogo erano molto più dolci delle ideologie totalitarie che presto avrebbero devastato il mondo. "Né Dio né padroni" è uno slogan che non porta alla libertà promessa, ma alle peggiori forme di schiavitù, ovvero a porsi sotto il dominio di un altro sovrano.
In Messico le chiese vennero chiuse, le cerimonie religiose furono proibite, i sacerdoti vennero espulsi, cacciati, impiccati ai campanili, fucilati davanti all'altare quando si ostinavano a rimanere per amministrare i sacramenti ai fedeli, che presto avrebbero subìto la stessa sorte. Si tentò di tutto per strappare la fede ai Messicani, ma invece di terrorizzare i cattolici, il presidente Calles, ateo e massone, li spinse alla ribellione armata. Quello a cui si assistette fu una lotta tra il bene e il male.
Calles e le sue truppe, che affermavano di non credere in nulla, gridavano forte e chiaro quello che era diventato il loro programma: "Viva Satana!", e fu in nome del diavolo che massacravano i loro avversari, i Cristeros. Quasi nessuno si preoccupò della sorte dei cattolici messicani perseguitati, nemmeno Roma, imbarazzata dalla Cristiada - la sorella americana della Vandea. Riuscite a immaginare di combattere in nome di Cristo Re nel 1926? Solo dei fanatici arretrati avrebbero potuto decidere di farlo, e fu proprio come fanatici e arretrati che venivano descritti i Cristeros, quando ci si degnava di capire che esistevano, soffivano e venivano massacrati. Nessun sostegno diplomatico o militare, nessun aiuto. Morirono nell'indifferenza generale.
Fu uno spettacolo atroce quello che si svolse il 10 febbraio 1928 nella via principale di Schuayo de Morelos, in Messico: un ragazzo alto di quattordici anni - presto quindici, visto che era nato il 28 marzo 1913 nella stessa città - si avviava barcollando al supplizio. A ogni passo lasciava un segno di sangue sul terreno, perché il giorno prima, per indurlo a ritrattare, gli avevano tagliato le piante dei piedi con un coltello e poi, per aumentare le sue sofferenze, gli avevano messo del sale nelle ferite. Riusciva a malapena a stare in piedi e sopportava dolori indicibili per avanzare, mentre i soldati del Presidente Calles, infastiditi dalla sua lentezza, lo picchiavano con il calcio del fucile e lo frustavano. Livido, il bambino si trascinava. Ogni tanto gli sfuggiva un lamento, mascherato da questo grido instancabile, "Viva la Madonna di Guadalupe! Viva Cristo Re!", che raddoppiava la furia dei suoi persecutori e moltiplicava la violenza.
Il suo nome era José Luis Sanchez del Río. Due anni prima, appena uscito dall'infanzia, aveva scelto di unirsi ai Cristeros, per la disperazione della madre, che aveva già dato due figli all'insurrezione e voleva tenere il più giovane. Quando lei gli disse che era troppo piccolo, José Luis replicò che poteva essere utile nelle retrovie, per badare ai cavalli o preparare la zuppa.
Nonostante la giovane età, José Luis divenne presto indispensabile. Non solo per i compiti materiali, ma perché aveva il dono di sostenere il coraggio e la fede dei suoi compagni adulti, di sollevare lo spirito di quelli che stavano perdendo colpi e di consolare i feriti e i moribondi, che assisteva con rara compassione. Tutti ammiravano il suo coraggio impavido e il suo amore per Cristo Re e per sua Madre. José Luis divenne l'icona di questa lotta, illuminando la sofferenza dei suoi compagni con il suo coraggio, la sua carità, la sua preoccupazione per gli altri e la sua fede incrollabile. Gli fu dato il nome di battaglia Tarcisio, in memoria di San Tarcisio, un giovane diacono romano massacrato dai pagani mentre difendeva l'Eucaristia, un soprannome che lo condannò anche al martirio.
Divenuto alfiere del generale Mendoza, si sacrificò per salvarlo cedendogli il suo cavallo quando i Cristeros furono sbaragliati dal governo il 25 gennaio 1928. José Luis fu portato a casa dall'esercito del Presidente Calles e imprigionato nella chiesa di Santiago, in cui era stato battezzato. L'obiettivo era quello di dare un esempio alla popolazione, visto che tutti lo conoscevano, ma anche di scuoterlo, risvegliando i ricordi d'infanzia e il pensiero dei genitori. Il padre, un ricco proprietario terriero, sapendo che il governo era corrotto, offrì un riscatto per il figlio; la somma non era sufficiente e venne pianificata la morte del ragazzo. José Luis non si faceva illusioni, e il 5 febbraio scrisse alla madre una lettera trovata sul suo corpo: "L'unica cosa che mi preoccupa, mamma carissima, è che tu stia per piangere a causa mia. Non piangere più, ti prego! Ci ritroveremo di nuovo".
Massacrato al termine di una terribile Via Crucis alla presenza della madre, che trovò la forza di sostenerlo durante il calvario, José Luis morì il 10 febbraio 1928. Non aveva ancora quindici anni.
Esperta di storia della Chiesa, postulatrice di una causa di beatificazione e giornalista per diversi media cattolici, Anne Bernet è autrice di oltre quaranta libri, la maggior parte dei quali dedicati alla santità.
Al di là delle ragioni per credere :
José Luis è sepolto nella basilica del Sacro Cuore di Gesù a Schuyao. Canonizzato il 16 ottobre 2016, è il patrono della GMG e dei chierichetti.